Seleziona una pagina

IL CALCIO, I VALORI A 360°

Un Ponte per il futuro

Articoli Recenti

Sentenza Diarra: Liberi di trasferirisi

Sentenza Diarra: L’analisi di un trasferimento diventato il “caso”

Tutto ha inizio nell’agosto 2013, quando Lassana Diarra firma un contratto quadriennale con la Lokomotiv Mosca. Dopo una stagione difficile e alcune controversie con il club russo, il rapporto si incrina: il 22 agosto 2014 la società risolve il contratto per motivi disciplinari e chiede alla FIFA un risarcimento di 20 milioni di euro per “violazione del contratto senza giusta causa”.

Diarra resta formalmente libero, ma nessuna squadra osa tesserarlo, temendo di dover rispondere in solido a eventuali sanzioni FIFA. Nel 2015 il Charleroi, club belga, tenta di ingaggiarlo, ma l’operazione salta: la Federazione Belga (URBSFA) non può registrare il contratto senza il certificato internazionale di trasferimento (ITC), bloccato dalla Lokomotiv. 

La FIFA condanna quindi il giocatore a 10,5 milioni di euro di risarcimento, condanna poi confermata dal TAS di Losanna. Nonostante ciò, Diarra riesce comunque a rilanciarsi con Olympique Marsiglia, Al-Jazira e infine Paris Saint-Germain.

Dalla Russia a Lussemburgo: la svolta europea:

Il Charleroi non si arrende e porta la vicenda davanti al Tribunale commerciale dell’Hainaut, che riconosce la responsabilità di FIFA e URBSFA per il mancato tesseramento. La questione approda fino alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a stabilire se le regole FIFA sui trasferimenti violino la libera circolazione dei lavoratori prevista dagli articoli 45 e 101 del TFUE.

Con la sentenza C-650/22, la Corte stabilisce che le norme FIFA che impediscono il tesseramento di un giocatore svincolato senza giusta causa rappresentano un ostacolo alla libertà contrattuale e alla concorrenza.

In sostanza, il sistema allora in vigore bloccava di fatto i calciatori, impedendo loro di firmare con nuovi club per timore di sanzioni economiche sproporzionate.

 

Liberi di Trasferirsi, Ma a Quale Prezzo?

La recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea segna quindi una svolta epocale nel mondo del calcio. Il caso Lassana Diarra contro FIFA ha infatti portato i giudici di Lussemburgo a stabilire che alcune norme imposte dalla federazione internazionale limitano la libera circolazione dei lavoratori, principio cardine del diritto dell’Unione.

In particolare, la Corte ha ritenuto che le regole che disciplinano le sanzioni per la risoluzione anticipata dei contratti sportivi siano disproporzionate e tali da scoraggiare il giocatore dal cercare una nuova opportunità professionale. In altre parole, i club si trovavano in una posizione di forza, potendo “bloccare” i calciatori attraverso vincoli economici e disciplinari difficili da superare. La decisione, destinata a creare un precedente, apre la strada a un mercato più libero, in cui i calciatori potranno negoziare con maggiore autonomia. Tuttavia, questo nuovo scenario porta con sé anche rischi di instabilità: la possibilità di risoluzioni unilaterali potrebbe generare contenziosi e ridurre la certezza contrattuale per le società.
Il calcio europeo entra così in una nuova fase, dove la libertà individuale dei giocatori dovrà convivere con l’esigenza di equilibrio e sostenibilità economica dei club.

 

Diarra contro FIFA: La Battaglia per un Risarcimento Milionario

Dopo la storica sentenza della Corte UE, Lassana Diarra ha deciso di andare fino in fondo. L’ex centrocampista di Real Madrid, Arsenal e Chelsea ha chiesto un risarcimento di 65 milioni di euro alla FIFA, sostenendo di aver subito danni economici e morali a causa delle sanzioni che lo colpirono quando risolse il contratto con il Lokomotiv Mosca.

All’epoca, la FIFA gli aveva imposto una squalifica e un risarcimento alla società russa, impedendogli di giocare per mesi. Secondo Diarra, quella decisione ha compromesso la sua carriera e violato i principi di libera concorrenza e mobilità lavorativa sanciti dal diritto europeo.

Se la richiesta dovesse essere accolta, si aprirebbe un capitolo del tutto nuovo nei rapporti tra atleti e istituzioni sportive: la FIFA potrebbe trovarsi giuridicamente responsabile per i danni causati dalle proprie normative.
Gli esperti di diritto sportivo vedono nel “caso Diarra” un precedente che potrebbe spingere altri giocatori a chiedere compensazioni economiche per sanzioni ritenute ingiuste o discriminatorie.

 

Riforma del Regolamento FIFA: Verso un Nuovo Equilibrio tra Giocatori e Club

La pronuncia della Corte UE obbliga ora la FIFA a un profondo ripensamento normativo. Le regole sui trasferimenti e sulle sanzioni dovranno essere riscritte per garantire la conformità al diritto europeo, soprattutto in materia di proporzionalità delle pene e libertà contrattuale.

Tra le ipotesi allo studio c’è l’introduzione di meccanismi di arbitrato più trasparenti, la riduzione delle sanzioni economiche per i calciatori che rescindono per giusta causa e un maggiore coinvolgimento dei sindacati dei giocatori nei processi decisionali.

Questa riforma potrebbe rappresentare un punto di svolta nel delicato equilibrio tra potere dei club e diritti dei tesserati, avvicinando il mondo del calcio a un modello più europeo e garantista, simile a quello vigente in altri settori del lavoro.
La sfida, ora, sarà trovare un compromesso che tuteli tanto la libertà dei giocatori quanto la stabilità contrattuale indispensabile per le società.

 

Dal 1° luglio 2025: Fine del Vincolo Pluriennale per i Giovani Calciatori

Un’altra rivoluzione è già in atto dal 1° luglio 2025, la FIGC infatti ha introdotto una norma che abolisce i vincoli pluriennali imposti ai cosiddetti “Giovani di Serie”. Le società non potranno più trattenere i giovani calciatori con contratti unilaterali di lunga durata: sarà possibile stipulare solo accordi di apprendistato o contratti professionistici triennali.

L’obiettivo è chiaro: garantire più libertà contrattuale e maggiori tutele ai ragazzi che si affacciano al professionismo, riducendo il rischio di abusi e favorendo un percorso di crescita più equilibrato.
Una misura che, in continuità con la “sentenza Diarra”, rafforza la tendenza verso un calcio più equo, trasparente e rispettoso dei diritti dei lavoratori sportivi.

 

Questa misura si inserisce in un trend sempre più marcato verso un calcio più equo, moderno e rispettoso dei diritti dei lavoratori sportivi — un segnale forte proprio nell’anno in cui l’attenzione mondiale torna sul grande palcoscenico dei Mondiali FIFA 2026.

 

 

 

 

 

San Siro volta pagina: la delibera che cambia il futuro

Il contesto
Lo stadio San Siro, ufficialmente Stadio Giuseppe Meazza, è da decenni uno dei simboli sportivi e
architettonici d’Italia. Con il passare del tempo ha però mostrato limiti infrastrutturali e funzionali
rispetto agli impianti moderni: costi di manutenzione elevati, difficoltà di adeguamento agli
standard internazionali e crescente pressione per dotarsi di strutture più efficienti dal punto di vista
commerciale e operativo.
Negli ultimi anni il dibattito sul futuro di San Siro si è intensificato: ristrutturare l’impianto attuale
o costruirne uno nuovo, in linea con le esigenze contemporanee? Milan, Inter e Comune di Milano
hanno avviato proposte e dialoghi per un restyling complessivo dell’area.

La svolta: la delibera comunale del 30 settembre 2025
Nella notte tra il 29 e il 30 settembre 2025, dopo una seduta del Consiglio comunale durata quasi
dodici ore, è stata approvata la delibera per la vendita di San Siro e delle aree circostanti ai club
Milan e Inter. Il voto si è concluso con 24 sì, 20 no, nessun astenuto e due assenti. Forza Italia ha
dato il proprio sostegno, contribuendo a sancire una svolta per l’impiantistica sportiva in Italia: una
decisione bipartisan nell’interesse della città di Milano e del Paese.
Il prezzo stabilito per la cessione è di 197 milioni di euro. Il vincolo è che i club realizzino un
nuovo stadio moderno, demolendo gran parte dell’attuale impianto ma salvaguardandone le parti di
maggior valore storico.
La delibera ha suscitato forti tensioni politiche: nella stessa maggioranza sette consiglieri hanno
votato contro, mentre critiche sono arrivate soprattutto da ambienti ecologisti e dai Verdi. Non meno
controverse le modalità di approvazione: un subemendamento “tagliola”, votato in piena notte, ha
infatti fatto decadere numerosi emendamenti e ridotto lo spazio di discussione.
Un passaggio che segna, nella città dei “Promessi sposi”, una svolta storica per il calcio italiano
dopo oltre vent’anni di attese e dibattiti.

Il progetto del nuovo stadio
Il progetto prevede una capienza stimata di 71.500 spettatori e uno stile moderno e funzionale,
sviluppato in collaborazione con studi internazionali come Foster Partners e Manica. Attorno
all’impianto sorgeranno spazi commerciali, residenziali e pubblici, come già avviene da anni in
altre città europee.
Il nuovo stadio rappresenterà un volano non solo sportivo ma anche finanziario, consentendo ai club
di valorizzare i propri asset. San Siro rimarrà operativo fino al completamento della nuova struttura,
la cui scadenza è fissata per gli Europei del 2032: l’Italia potrà così ospitare il torneo in un impianto
all’avanguardia, realizzato grazie all’investimento diretto delle società calcistiche.

I punti critici e le resistenze
Tutela storica e vincoli: San Siro ha un forte valore simbolico e la sua parziale demolizione
incontra vincoli di tutela.
Impatto su quartiere e cittadini: comitati e associazioni hanno sollevato dubbi su traffico, verde
urbano e fruibilità degli spazi, a fronte però di nuove opportunità occupazionali e immobiliari.
Tempi e costi: il percorso richiede iter burocratici complessi, autorizzazioni, finanziamenti e
garanzie tecniche. È indispensabile un cronoprogramma chiaro e trasparente.

Le opportunità
Modernizzazione e competitività internazionale: il nuovo impianto consentirà di attrarre eventi
globali, finali europee e di offrire infrastrutture di alto livello.
Valorizzazione urbana: la riqualificazione genererà spazi pubblici, verde e servizi, migliorando
la qualità della vita nel quartiere.
Sostenibilità: il progetto potrà integrare soluzioni di efficienza energetica e mobilità sostenibile.
Valore economico e immobiliare: l’investimento porterà benefici economici e incremento delle
attività commerciali.

Verso il futuro
“Abbiamo fatto l’Italia stanotte, ora facciamo gli Italiani”. È con questo spirito che Milano guarda
avanti. La delibera approvata rappresenta un passaggio storico, destinato a riecheggiare in Europa e
nella UEFA: l’Italia, spesso vista come “immobile”, ha dimostrato di sapersi muovere.
Al di là delle divisioni politiche, resta l’orgoglio di una città che rivendica il proprio spirito
ambrosiano, città del fare e motore d’Europa, decisa a non restare indietro.
Il percorso ora entra nella fase più delicata: presentazione dei progetti, ottenimento dei permessi,
reperimento dei finanziamenti e trasparenza gestionale. Milano, con la sua comunità, seguirà ogni
passo con attenzione, consapevole che la trasformazione di San Siro segnerà una pagina decisiva
nella storia dello sport e dell’urbanistica italiana.

ESCLUSIVA – Katia D’Avanzo: “Il 2,5% delle quote acquisite da Marotta sono un messaggio forte, De Laurentiis ha costruito un modello vincente. Agnelli, Exor e la Juventus…”

Ai microfoni di “Il Sogno nel Cuore” è intervenuto per un’intervista esclusiva Katia D’Avanzo, avvocato, opinionista, agente ed intermediario. Innovazioni legate all’utilizzo del VAR, (in)stabilità economica di alcuni dei nostri club, fondi esteri e tanti altri temi trattati di seguito.

Katia D’Avanzo: “Il 2,5% delle quote acquisite da Marotta sono un messaggio forte, De Laurentiis ha costruito un modello vincente. Agnelli, Exor e la Juventus…”

Avvocato bentrovata, vi sono state tante novità e tante innovazioni nel nostro campionato. Partiamo dalle comunicazioni arbitrali legate agli annunci post controllo al monitor del VAR. Pensa sia uno step in più da un punto di vista comunicativo rispetto al passato? Sarebbe favorevole ad eventuali interviste post partita dei direttori di gara per argomentare le proprie scelte?

“Sì, lo considero un passaggio fondamentale in termini di trasparenza. L’annuncio diretto da parte dell’arbitro dopo il check al monitor, così come già avviene in altre competizioni internazionali e in Serie A, è stato utilizzato per la prima volta nella partita Como Lazio nell’agosto 2025, consente a chi è allo stadio e a chi segue da casa di avere immediatamente una spiegazione chiara della decisione presa. È uno strumento che riduce l’ambiguità e, di conseguenza, molte polemiche “all’italiana”. Per quanto riguarda le interviste post partita, sarei favorevole in linea di principio: sarebbe un ulteriore passo di apertura. Bisogna però sempre tenere presente che i direttori di gara vanno tutelati, perché sono già sottoposti a una pressione enorme. Detto questo, occorre quindi trovare un giusto bilanciamento tra la trasparenza e la salvaguardia della loro serenità professionale”

In Serie C vi è stata l’introduzione del VAR a chiamata tramite “card” consegnate ad i rispettivi allenatori. Innovazione che alleggerisce alcune polemiche, ma allo stesso tempo frammenta ulteriormente le gare. E’ d’accordo con l’utilizzo di queste? Non crede che in futuro possano essere utilizzate appositamente per l’interruzione del gioco, specie nei minuti finali?

“È senza dubbio una novità che aiuta il nostro calcio. L’idea di responsabilizzare direttamente gli allenatori attraverso le cosiddette “VAR card” può effettivamente ridurre il numero di contestazioni, perché la decisione non passa più soltanto dall’arbitro, ma anche dalla scelta del tecnico. Il rischio, però, è quello di rendere il gioco ancora più spezzettato. Non possiamo escludere che, soprattutto nei minuti finali, una chiamata possa essere usata con fini tattici per interrompere il ritmo della partita. Per questo trovo corretto che la Lega abbia posto limiti rigidi, ad esempio la perdita della card in caso di chiamata infondata: è un modo per scoraggiare abusi e mantenere l’equilibrio del sistema”

lndice di liquidità, indice di indebitamento e il rapporto tra costo del lavoro allargato e ricavi: queste sono le cause che hanno causato il blocco del mercato della Lazio. Può illustrarci meglio la situazione societaria del club biancoceleste e da cosa deriva questa leggera instabilità economica?

“Il blocco del mercato della Lazio va letto alla luce dei parametri introdotti dalla FIGC per garantire la sostenibilità dei club. Non si tratta quindi di un problema contingente, ma di indicatori che misurano la capacità di una società di onorare i propri impegni. Nel caso biancoceleste, a pesare sono stati soprattutto i ricavi, che rimangono più bassi rispetto ad altre big del nostro calcio, e un monte ingaggi che incide in maniera significativa sul bilancio , oltre alla mancata qualificazione alle coppe europee. Preciso che le norme consentono  comunque ai club di ripianare la carenza finanziaria attraverso versamenti in conto capitale o prestiti degli azionisti, oppure utilizzando la liquidità derivante da cessioni pro soluto dei crediti relativi a operazioni di mercato, contratti di sponsorizzazione e diritti tv, premi Uefa. Il Presidente Lotito saprà sicuramente come rendere appetibile la Lazio anche a nuovi investitori che potrebbero interessarsi proprio al progetto Stadio. Del doman non c’è certezza…”

Due scudetti vinti, importanti investimenti ed una rosa sempre più competitiva. Aldilà di scelte ponderate e spesso vincenti, quale è il segreto secondo lei, da un punto di vista amministrativo-economico, del Napoli?

“Il Napoli è un esempio di gestione oculata che ha saputo coniugare rigore economico e ambizione sportiva. De Laurentiis ha costruito un modello basato sull’autofinanziamento: ingaggi sotto controllo, grande attenzione agli acquisti di prospettiva e una politica di valorizzazione dei giocatori che ha portato anche importanti plusvalenze. Parallelamente, si è lavorato sul fronte dei ricavi, dallo stadio all’espansione internazionale del brand. Non c’è un singolo segreto, ma piuttosto una serie di scelte coerenti e di lungo periodo che hanno reso il club competitivo sia in Italia che in Europa”

In Serie A vi sono sempre più fondi e sempre meno proprietà italiane, con lo stesso Aurelio De Laurentiis che lamenta l’assenza di Presidenti presenti e a rappresentanza dei vari club durante le riunioni in Lega. Come mai i fondi, di cui spesso non si conosce l’origine e la gestione, stanno prendendo il sopravvento? Sono sinonimo di stabilità?

“I fondi vedono nel calcio italiano un’opportunità di investimento, soprattutto per il valore potenziale dei diritti televisivi e per gli asset immobiliari legati agli stadi. In Italia, al contrario, è sempre più difficile trovare imprenditori disposti a impegnare capitali ingenti per un settore che raramente offre ritorni economici immediati. Detto questo, non tutti i fondi sono uguali: ci sono quelli che ragionano su orizzonti a breve termine e quelli che hanno piani più industriali. Non possiamo quindi considerarli automaticamente sinonimo di stabilità. Quello che è evidente, però, è che sta venendo meno la figura del presidente italiano “padrone”, che rappresentava la propria società non solo economicamente, ma anche istituzionalmente, con una presenza diretta nelle sedi decisionali”

Recentemente Marotta ha acquisito il 2,5 di OCM Sunshine e di conseguenza dell’Inter. Può spiegarci, dunque, l’incarico effettivo del presidente italiano ad oggi e come cambia la catena di controllo nerazzurra?

“L’ingresso del Presidente Giuseppe Marotta con una piccola quota di partecipazione ha un valore soprattutto simbolico, ma non per questo irrilevante. Vuol dire che non è più soltanto un dirigente operativo la “longa mano” dell’Inter, ma anche parte della compagine societaria. Questo rafforza il suo ruolo, rendendolo una figura di riferimento non solo tecnico-organizzativo ma anche istituzionale. L’azionista di maggioranza resta Oaktree, che mantiene il controllo della governance, ma la presenza di un dirigente italiano con una quota diretta contribuisce a dare maggiore stabilità e identità al progetto nerazzurro. Il Presidente ha voluto dare un segnale forte di appartenenza all’azienda , ed è un messaggio diretto ad Oaktree  di credibilità nel progetto”

Nonostante l’arrivo di Gianluca Ferrero come nuovo presidente della Juventus, gran parte delle azioni appartengono alla Holding olandese Exor della famiglia Agnelli, circa il 65%. Quale il loro effettivo ruolo all’interno della società: si limitano soltanto ad essere azionisti secondo lei?

“Exor ha un ruolo determinante nella vita della Juventus. Non si tratta di un azionista passivo: con la quota di maggioranza ha la possibilità di nominare il consiglio di amministrazione e il presidente, indirizzando quindi le scelte strategiche del club. La gestione quotidiana e sportiva è ovviamente affidata ai manager – dall’amministratore delegato ai responsabili dell’area tecnica – ma la visione complessiva, le decisioni più rilevanti e l’impostazione finanziaria derivano da Exor. In altre parole, la holding detta la rotta, mentre il club è chiamato ad attuarla concretamente”

a cura di Emanuele Cantisani

Sostieni la mia candidatura | Contatti

Email

info@katiadavanzo.it

Linkedin

Vuoi partecipare al mio progetto?

Insieme possiamo fare la differenza per Genova.

Copyright © 2025 | Privacy Policy
Avv. Katia D’Avanzo